Il nostro è un sindacato costruttivo

fatto da lavoratori che amano questa città! Per questo ci impegnamo per rendere efficiente la nostra azienda, perchè é l'azienda di tutti i romani!

Ieri

Come eravamo

Oggi

Una figura che ancora ci accompagna nel segno della tradizione

Di giorno

Ci prendiamo cura della bellezza di questa città!

Di notte

Il nostro lavoro prosegue quando tutti dormono!

lunedì 17 marzo 2014

18/03 mobilitazione in Campidoglio su Decreto Salva Roma 
 
troika-go-home Roma come Atene: arriva la “troika” anche nella capitale
Appello per una mobilitazione generale al Campidoglio
Martedì 18 marzo, ore 14.00




Martedì 18 marzo si terrà il Consiglio Comunale straordinario sul “Salva Roma”. L'Assemblea capitolina dovrebbe svolgersi secondo modalità diverse dal solito, aperta alla partecipazione della cittadinanza e delle associazioni.
Napolitano ha controfirmato il "decreto Enti Locali", all'interno del quale all'art. 16 sono presenti le cosiddette misure "Salva Roma"; si tratta dell’ultimo attacco del Governo che con il ricatto del debito intende spianare la strada alle privatizzazioni e messa in vendita del patrimonio pubblico.
Un piano triennale di “lacrime e sangue”, di tagli indiscriminati alla collettività, in cui “la riduzione del disavanzo e il riequilibrio del bilancio” diventano il capestro con cui negare ai cittadini il diritto ad una gestione pubblica e partecipata dei servizi, nonché ad un utilizzo sociale del patrimonio immobiliare di cui invece si prevede la liquidazione, con l’obbiettivo di fare cassa privando la collettività di un bene comune che gestito socialmente costituisce una risorsa.
Il decreto prevede infatti le solite ricette draconiane di austerity, tramite un attacco frontale ai beni comuni e ai diritti dei lavoratori: per un verso l’imposizione delle privatizzazioni, dei licenziamenti e delle dismissioni, per altro il “commissariamento” del Sindaco, Giunta e Consiglio Comunale. L'amministrazione capitolina sarà sottoposta ad una vera e propria “troika”, composta da Presidenza del Consiglio, Ministero dell'Interno e Ministero dell'Economia, che dovrà approvare il piano triennale di rientro dal debito predisposto dal Comune di Roma.
Una tenaglia che impedisce di derogare dal “patto di stabilità” voluto dal Governo e dall’Europa.
Il disavanzo di bilancio e il piano di rientro triennale, con l'indicazione delle misure per il contenimento dei costi, non devono essere trasformati in uno strumento di colpevolizzazione dei cittadini di Roma, ai quali sottrarre servizi pubblici e beni comuni!
Non intendiamo lasciare in mano alle solite lobbies economico-finanziarie ciò che ci appartiene. Per questo ci apprestiamo a contrastare questo disegno feroce, rilanciando un nuovo modello di città che guardi al godimento dei beni comuni e del welfare locale, attraverso la riappropriazione sociale e la gestione partecipativa dei servizi pubblici.
Nelle intenzioni della Giunta, il Consiglio di martedì 18 marzo dovrebbe essere aperto alla città e permettere a tutti di prendere parola al fine di concludere la seduta con un documento di indirizzo condiviso.
Invitiamo i cittadini e le realtà sociali, che si battono per la tutela dei beni comuni e per un nuovo modello di città contro le politiche di austerity, a partecipare per imporre un confronto aperto sulle decisioni che interessano il destino di Roma: la qualificazione e gestione pubblica dei servizi e del patrimonio sui quali ribadire l’opposizione ad ogni forma di privatizzazione e dismissione.
Chiediamo alla Giunta Marino di decidere se sottostare ai diktat della “troika” o aprire un confronto con chi da tempo oppone alle politiche di austerity un nuovo modello di città. Non permettiamo che a Roma si ripetano le stesse devastanti ricette che hanno messo in ginocchio Atene.

Mobilitiamoci tutte/i il 18 marzo al Campidoglio perchè Roma non si vende, Roma si difende

martedì 11 marzo 2014


STOP SPENDING REVIEW


"L'Ama non è il vostro bancomat"

"Presidente Fortini, manda giù i dirigenti, ce servono gli scopini!".
È l'appello ironico al presidente dell'Ama Daniele Fortini, da parte dei lavoratori dell'azienda, in presidio organizzato dall'Usb davanti alla sede di via Calderon de la Barca. Circa trenta partecipanti, con lo striscione "I lavoratori hanno già dato" e cartelli tra cui "L'Ama non è il vostro bancomat", "È da 20 anni che fate dell'Ama la vostra azienda privata", "Diritti, dignità, trasparenza", chiedono al vertice della partecipata di rimuovere i dirigenti. "Il risanamento di Ama passa per il risanamento della sua classe dirigente - afferma Giovanni Belluomo, autista Ama e delegato Usb - perciò abbiamo chiesto a Fortini un nuovo incontro oggi, perché l'azienda continua a essere un bancomat per politici e imprenditori che ai livelli più alti hanno sistemato parenti e amici, dall'amministrazione Rutelli in poi, con un peggioramento sotto Alemanno". L'accusa ai dirigenti è anche di incapacità: "Il porta a porta è improvvisato, solo l'intervento dell'assessore all'Ambiente Estella Marino ha sbloccato a ottobre i 2.000 trasferimenti per iniziare il porta a porta". Il tutto, attacca, "mentre ci sono 750 milioni di debiti e gli impianti sono sommersi dall'immondizia". Il sospetto, "rafforzato dall'attacco della stampa nei confronti prima di Atac e poi di Ama - nota Belluomo - è di voler mandare in fallimento l'azienda per privatizzare e spacchettare, secondo quanto previsto dal decreto 'Salva Roma'". Qualcosa che per l'esponente Usb è già in corso: "Sono le società di consulenze esterne le responsabili dei fallimenti del porta a porta e degli altri modelli 'mattonella' e 'duale'"

martedi 11 marzo 2014

http://www.paesesera.it/Header/Multimedia/La-foto-del-giorno/L-Ama-non-e-il-vostro-bancomat

venerdì 7 marzo 2014

 
GIÙ LE MANI DAI SERVIZI PUBBLICI LOCALI!
Mentre il palcoscenico mediatico è occupato dalle vicende politiche, caduta di Letta ascesa di Renzi, il super-commissario Cottarelli, uomo del Fondo Monetario Internazionale, ha elaborato la ricetta per tagliare la spesa pubblica di 5 miliardi di euro nel 2014 e di complessivi 32 miliardi nei prossimi tre anni.
Oltre che sui dipendenti pubblici, la scure si abbatterà con particolare virulenza sulle aziende a capitale totalmente pubblico o misto pubblico/privato, controllate o partecipate da Regioni, Province, Comuni, Comunità Montane e, a cascata, sugli appalti pubblici.
Sono le aziende fornitrici dei servizi pubblici locali, trasporti luce gas acqua, farmacie tanto per citarne solo alcune, in tutto 7.065, che secondo la commissione alla Spending Review pesano ben oltre il 4% sul PIL.
Sono le stesse aziende il cui costo complessivamente negli ultimi dieci anni è aumentato del 49,2% contro il 14,9% della media degli altri paesi con rincari pesantissimi sulla spalle dei cittadini e lavoratori utenti.
Potrebbe quindi fare facile presa sull’opinione pubblica la proposta di privatizzarle allo scopo di ridurre il debito pubblico, come ci ricorda ogni giorno la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea.
Peccato che Il nostro paese abbia già conosciuto enormi processi di privatizzazione: dal 1985 al 2012 sono passate ai privati aziende pubbliche per un valore pari a 157 miliardi di euro, un record tutto italiano con il regalo dell’Alfa Romeo alla FIAT, della Telecom ai famosi capitani coraggiosi, della Soc. Autostrade a Benetton, dell’ALITALIA ai patrioti capitanati da Colaninno, con i risultati noti a tutti: speculazioni fortunate per loro, fallimenti e migliaia di posti di lavoro distrutti, licenziamenti, degrado dei servizi e aumenti delle tariffe per tutti noi!
Ma quello che dimostra come il discorso sulle privatizzazioni nulla abbia a che fare con la riduzione del debito pubblico è il fatto che esso, dal 1992, anno della fase più massiccia delle privatizzazioni, al 2012 è passato da 850 miliardi di euro a più di 2100 miliardi!
Questi dati chiariscono il vero scopo delle privatizzazioni: dare ossigeno e soccorrere il sistema produttivo e finanziario italiano che non è in grado di competere a livello internazionale, avendo da anni scelto di arraffare il più possibile profitti senza curarsi di rischiare in proprio, di migliorare i servizi, andando alla ricerca del facile guadagno fino al limite massimo dello sfruttamento e del basso costo del lavoro, oggi battuto su questa strada dai paesi ad economie emergenti.
Imprenditori bollettari dunque che cercano di continuare a macinare profitti là dove, senza rischi, il guadagno è certo: tutti infatti siamo costretti a pagare salatissime bollette, poiché non possiamo fare a meno dei servizi pubblici essenziali.


Cottarelli ha chiarito ormai molto bene la ricetta per le società controllate/partecipate: privatizzazioni, fusioni, fino alla soppressione rapida di quelle inutili o non strettamente legate ad un interesse pubblico.
L’analisi dei dati forniti dalla stessa commissione fa giustizia di un’opinione che in questi anni ha fatto presa anche su tanti lavoratori: se la gestione pubblica non funziona meglio il privato.
Ma se su 7.065 aziende, 6.104 sono a capitale misto, vedono cioè la partecipazione dei privati nella stragrande maggioranza dei casi con quote superiori al 50%, questo discorso dimostra tutta la sua natura fasulla e ideologica.
Si dice che i circa 2 miliardi e 200 milioni di perdite all’anno non possono più pesare sul bilancio complessivo dello Stato, che le aziende pubbliche debbono produrre profitti, a lor signori non basta neppure il pareggio; ma non è per avere servizi sociali pubblici che paghiamo le tasse più alte della zona euro, oltre a tariffe salate che non sono certo diminuite dopo le privatizzazioni già effettuate?
Certo non siamo qui a difendere le gestioni che hanno portato allo sfascio molte di queste aziende, pesantemente condizionate da scelte politiche e interessi privati, da speculazioni, corruzione, clientelismo e interessi criminali, ma non possono essere certo i lavoratori e le lavoratrici a pagare per colpe non loro.
Eppure sembra essere questo l’approdo dei lavori della Commissione alla Spending Review: scartata l’ipotesi di assunzione negli Enti Pubblici, sottoposti anch’essi a pesanti tagli, la sola strada prevista è quella che porta direttamente a migliaia di licenziamenti. Infatti per queste aziende non c ‘è diritto alla cassa integrazione e, per molte di esse, il processo di privatizzazione si presenta arduo se prima non passano per pesanti e dolorose cura dimagrante: riduzione delle prestazioni ai cittadini e, soprattutto, riduzioni di personale e del costo del lavoro, cioè tagli ai salari per chi rimane.
Davvero vogliamo assistere a questo massacro senza reagire? Davvero vogliamo sottostare ai diktat europei che stanno portando il nostro paese ad un immiserimento mai conosciuto da quarant’anni a questa parte, in nome di feticci, i parametri contenuti nei trattati, che non hanno alcun fondamento reale?
Alziamo la testa, impediamo che tutti questo si realizzi.
Partecipiamo alla manifestazione contro la Spending Review con l’Unione Sindacale di Base.




14 marzo 2014
Manifestazione Nazionale
contro la Spending Review
Roma ore 11.00 CORTEO
da Piazzetta Vidoni a Montecitorio

NO A PRIVATIZZAZIONI
NO A LICENZIAMENTI
NO AL TAGLIO DEI SALARI

USB Lavoro Privato
scarica file

Poltrone in pelle e stipendi secretati!

Via Calderon de la Barca è diventato un posto al sole per quanti in questi anni sono stati “baciati” dall’indagato e accusato Panzironi. E’ “la lista dei 41” a cui non è bastata la sistemazione ad alti livelli, hanno anche le buste paga secretate e godono di stipendi maggiorati che in alcuni casi superano le già ricche retribuzioni dei Direttori. Sono decine di figure professionali, non licenziabili, di cui il Presidente Fortini ha promesso di valutare le capacità e curare l’eventuale formazione (oltre al danno anche la beffa). Con arroganza gestiscono trasferimenti, appalti, consulenze, soldi e favori vari. Insomma una bella “società dei magnaccioni” che con la complicità di qualche sigla sindacale continua a saccheggiare l’AMA.

e i lavoratori?
Il presidente Fortini l’ha già detto ai sindacati: i lavoratori dovranno incrementare la produttività, ridurre le assenze e fare qualche sacrificio per coprire i 750 milioni di debito di AMA e i 30 milioni di interessi annui pagati alle banche.
Per anni le aziende partecipate del Comune di Roma sono state un bancomat per politici, imprenditori, amici e parenti. Adesso, sotto la minaccia di svendita al privato e con la complicità di qualche giornalista prezzolato al servizio di chi ha partecipato alla mangiatoia clientelare, presentano il conto ai lavoratori e ai cittadini.

Giovedì 6 marzo ore 16,30
CORTEO da P.za Bocca della Verità al Campidoglio

I LAVORATORI DI AMA, ATAC, ACEA E DEL COMUNE DI ROMA

UNITI NELLA GIORNATA
DELL’ORGOGLIO CAPITOLINO!

Martedì 11 marzo ore 11,30
Via Calderon de la barca

PRESIDIO di protesta per chiedere:

  • Azzeramento dell’intero management di AMA.
  • Rimozione dei “41” dagli incarichi di responsabilità.
  • Cancellazione dei superminimi e riduzione drastica delle remunerazioni dell’intera classe dirigente.