14
ottobre SIT
IN contro il TTIP
P.zza
Madonna di Loreto
h.
16.00 – 20.00
Martedì
14 ottobre, il viceministro all’Economia, Carlo Calenda, ha
convocato a Palazzo Colonna, in piazza SS. Apostoli, un evento con
cena rivolto ai businessmen e all’imprenditoria con i ministri al
commercio UE e i negoziatori del TTIP, il trattato che vuole
trasformare l’Europa e gli Usa in un paradiso delle multinazionali,
sopprimendo le norme in difesa dei diritti dei lavoratori, gli
standard ambientali, mercificando i beni comuni e privatizzando i
servizi pubblici locali. Tutto ciò si svolge nella più totale
segretezza e opacità, tentando di mettere una pietra tombale anche
sulla democrazia.
Martedì
14 ottobre le donne e gli uomini che lottano per la difesa e
l’estensione dei diritti dei lavoratori, per la salvaguardia
dell’ambiente e la riappropriazione dei beni comuni, per diritti
sociali per tutti e per una nuova democrazia partecipativa saranno in
piazza per dire tutte e tutti assieme “STOP TTIP”
15-16
ottobre Blocca
lo #SbloccaItalia
P.zza
Montecitorio
h.
10.00 – 14.00
Il
15 e il 16 ottobre oltre 130 tra comitati, organizzazioni sociali,
associazioni e reti territoriali e nazionali attive su estrazioni
petrolifere, infrastrutture energetiche, grandi opere, acqua e
servizi pubblici locali, gestione dei rifiuti, bonifiche, salute e
ambiente, saranno in piazza a Roma per una due giorni di presidio
sotto il parlamento durante la discussione in aula per la conversione
in legge del decreto Sblocca-Italia.
Il
decreto spalanca le porte ad una ulteriore messa a profitto dei
territori mascherata da occasione di rilancio per la malconcia
economia nazionale, oltre a porre una questione che ha
direttamente a che vedere con lo svuotamento dei processi
democratici: avocando presso il potere centrale, nello
specifico i Ministeri competenti, ogni decisione riguardante
le concessioni per le attività estrattive, il decreto mina
ancor più il ruolo delle amministrazioni locali nelle decisioni che
riguardano progetti fortementi impattanti a livello territoriale.
“BLOCCA
LO SBLOCCA-ITALIA”, DIFENDI LA TUA TERRA!
Partecipa
alla campagna contro il decreto che distrugge il belpaese, il 15-16
ottobre a Roma due giorni di presidio di cittadini e comitati davanti
al parlamento
Un
attacco all’ambiente senza precedenti e definitivo: è il
cosiddetto Decreto “Sblocca Italia” varato dal Governo Renzi il
13 settembre scorso. Un provvedimento che condanna il Belpaese
all’arretratezza di un’economia basata sul consumo intensivo di
risorse non rinnovabili e concentrata in poche mani. È un vero e
proprio assalto finale delle trivelle al mare che fa vivere milioni
di persone con il turismo; alle colline dove l’agricoltura di
qualità produce vino e olio venduti in tutto il mondo; addirittura
alle montagne e ai paesaggi sopravvissuti a decenni di uso dissennato
del territorio. Basti pensare che il Governo Renzi rilancia le
attività petrolifere addirittura nel Golfo di Napoli e in quello di
Salerno tra Ischia, Capri, Sorrento, Amalfi e la costiera
Cilentana, dell'omonimo Parco Nazionale.
Si
arriva al paradosso che le produzioni agricole di qualità, il nostro
paesaggio e i tanti impianti e lavorazioni che non provocano
inquinamento, compresi quelli per la produzione energetica da fonti
rinnovabili quando realizzati in maniera responsabile e senza
ulteriore consumo di territorio, non sono attività strategiche a
norma di legge. Lo sono, invece, i pozzi e l’economia del petrolio
che, oltre a costituire fonti di profitto per poche multinazionali,
sono causa dei cambiamenti climatici e di un pesante inquinamento.
Mentre il mondo intero sta cercando di affrancarsi da produzioni inquinanti, il Governo Renzi per i prossimi decenni intende avviare la nostra terra su un binario morto dell’economia. Eppure l’industria petrolifera non ha portato alcun vantaggio ai cittadini ma ha costituito solo un aggravamento delle condizioni sociali ed ambientali rispetto ad altre iniziative legate ad un’economia diffusa e meno invasiva.
Nel Decreto la gestione dei rifiuti è affidata alle ciminiere degli inceneritori, mentre l’Italia dovrebbe puntare sulla necessaria riduzione dei rifiuti e all’economia del riciclo e del riutilizzo delle risorse. Tanti comuni italiani hanno raggiunto percentuali del 70-80% di raccolta differenziata coinvolgendo intere comunità di cittadini. Bruciare i rifiuti significa non solo immettere nell’ambiente pericolosissimi inquinanti producendo ceneri dannose alla salute e all’ambiente ma trasforma in un grande affare, concentrato in poche mani, quello che potrebbe essere una risorsa economica per molti.
Le grandi opere con il loro insano e corrotto “ciclo del cemento” continuano ad essere il mantra per questo tipo di “sviluppo” mentre interi territori aspettano da anni il risanamento ambientale. Chi ha inquinato deve pagare. Servono però bonifiche reali, non affidate agli stessi inquinatori e realizzate con metodi ancora più inquinanti; l’esatto opposto delle recenti norme con cui si cerca di mettere la polvere tossica sotto al tappeto. Addirittura il “sistema Mose” diventa la regola, con commissari e “general contractor” che gestiranno grandi aree urbane in tutto il Paese, partendo da Bagnoli. Questo Decreto anticipa nei fatti le peggiori previsioni della modifica della Costituzione accentrando il potere in poche mani ed escludendo le comunità locali da qualsiasi forma di partecipazione alla gestione del loro territorio..
Il provvedimento si configura come un primo passaggio propedeutico alla piena realizzazione del piano complessivo di privatizzazione e finanziarizzazione dell’acqua e dei beni comuni che il Governo sembra voler definire compiutamente con la legge di stabilità.
Riteniamo che il Parlamento debba far decadere le norme di questo Decreto chiarendo che le vere risorse strategiche del nostro paese sono il nostro sistema agro-ambientale con forme di economia diffusa, dal turismo consapevole all’agricoltura, dalle rinnovabili diffuse alle filiere del riciclo e del riutilizzo. Contrastare questo Decreto è un impegno affinché la bellezza del paese non sfiorisca definitivamente sacrificata sull’altare degli interessi di pochi petrolieri, cementificatori e affaristi dei rifiuti e delle bonifiche
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